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to; tutti quelli che avevano con lui vincoli di amicizia erano calati nel sepolcro; Frà Fulgenzio ultimo attore di quel memorabil dramma, era anch’egli da due anni sparito dalla scena: nuova la generazione presente, i gesuiti tornati a Venezia, eppure non era scemato ancora l’affetto antico pel grand’uomo; ancora lo stesso amore per lui, la stessa sollecitudine a difendere la fama come ne aveva difeso la vita, e a vendicarlo dalle ingiurie che il governo si attribuiva come se fossero fatte a lui. E l’ingiuriatore era uomo potente, segretario ed intimo amico di un papa, e in quelle ardue circostanze poteva giovare o nuocere. Eppure il governo fu irremovibile, e traendo argomento da quella Istoria che i gesuiti erano tuttora i medesimi di 50 anni innanzi, gli assoggettò a dure condizioni. Non restituì i beni, gli obbligò a comperare a suon di contanti il locale per stabilirvisi, limitò il loro insegnamento, gli sottopose ad una rigida polizia; e quasi volesse metaforicamente far loro intendere i suoi pensieri e le sue minacce, per ultimo segno di umiliazione, nelle processioni pubbliche assegnò ai gesuiti il posto tra le confratrìe di San Marco e di San Teodoro. È noto che i malfattori solevano essere giustiziati sulla Piazzetta fra mezzo alle due colonne dette di San Marco e di San Teodoro. Il Pallavicino ricompensato dal papa della dignità cardinalizia, e fatto suo segretario, offrì i suoi buoni uffici in servizio della Repubblica, e di procurarle dal pontefice larghi sussidi. In una nuova edizione offrì di levare dal suo libro alcuni tratti ingiuriosi alla memoria del Consultore. Indarno: Corrario ri-