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302 capo xxviii.

scritti col mezzo di qualche amico colà o di alcuno fra’ protestanti grigioni che stanziavano a Venezia.

Frà Paolo riferisce che Giorgio di Ataide teologo del re di Portogallo pochi giorni dopo aver tenuto un molto profondo e giudicioso discorso intorno alla messa, che non piacque alle orecchie romane, partì dal concilio di Trento. Il Pallavicino sostiene che quel discorso non fu di Giorgio, ma di un altro; e che quello non partì da Trento ma che vi era ancora cinque mesi appresso. Quanto al primo fatto, io non saprei chi dei due possa aver ragione; ben credo di poter dire che i documenti addotti dal gesuita non hanno alcun carattere ufficiale quand’anco gli avesse citati esattamente; d’altra parte si scorge che Frà Paolo aveva sott’occhio l’intiero discorso dell’Ataide di cui dà una compiuta analisi, mentre il Pallavicino non vide che un compendio assai ristretto. Che poi Giorgio di Ataide non abbia più figurato al concilio di Trento, è un fatto innegabile e che risulta dal confronto dei cataloghi ufficiali stampati a Brescia e a Riva, veduti e citati dal Sarpi e sconosciuti dal Pallavicino. Quanto alla lettera che cinque mesi dopo, ad istanza del nuovo ambasciatore di Portogallo, scrisse il cardinal Borromeo ai legati pregando di onorare e favorire l’Ataide, non so se supponga che Giorgio fosse ancora a Trento, o se dica che aveva intenzione di tornarvi; ma anco nel primo caso, può ben essere che l’ambasciatore e il cardinale lo credessero a Trento, quando ne era già partito da più mesi. Il vero è che la lettera del cardinale fu scritta nel mese di de-