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capo xxviii. 287


Infine quelle collattanee, come è facile a immaginarsi, non erano che zibaldoni imperfetti, sparsi di lacune, di errori, d’inesattezze, di fatti controversi, e disposti solamente a titolo di memoria o di ossatura istorica, su cui l’Alciato si proponeva sicuramente altro lavoro critico o altre ricerche, oltrechè lo scopo prefissosi da questo era molto diverso da quello prefissosi dal suo successore. Ma il Pallavicino le prese tal quale le trovò, e senz’altro esame, senza risalire alle fonti genuine, senza confrontare le copie cogli originali o gli estratti coi pezzi integri, e senza verificare se l’Alciato o il Contelori sue guide fossero caduti in qualche sbaglio od omissione importante, ei si accinse a scrivere currenti calamo la sua Istoria, ed è per lui un sufficiente criterio per negare un fatto o per ammetterlo, il trovarlo o non trovarlo ne’ suoi scartafacci. E ciò è tanto vero, che la sua Istoria è contraddetta in più particolari dal Rainaldi, che pure estrasse la materia de’ suoi Annali ecclesiastici dagli archivi romani. Si vedano gli esempi adotti in copia dal Courayer nelle sue annotazioni all’Istoria del Sarpi.

Frà Paolo incomincia la sua narrativa con le seguenti modeste parole: «Il proponimento mio è di scrivere l’istoria del concilio tridentino... Io immediate che ebbi gusto delle cose umane fui preso da gran curiosità di saperne l’intiero, e oltre l’aver letto con diligenza quello che trovai scritto, e li pubblici documenti usciti in stampa o divolgati a penna, mi diedi a ricercar nelle reliquie degli scritti de’ prelati, e altri nel concilio intervenuti, le memorie da loro lasciate e li voti o pa-