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282 capo xxviii.

perciò seguire passo passo il suo avversario, rettificarne i fatti e cercare documenti da opporgli, così i tre anni bastavano neppure a questa laboriosa indagine.

È dunque chiaro come il sole che Pallavicino non ha fatto altro che lavorare sui preparativi dell’Alciato, come arditamente glielo rinfacciò Giulio Clemente Scotti ex-gesuita; ma questi documenti sono essi di tal natura che meritino di essere preferiti alla testimonianza di Frà Paolo? Una gran parte, e il Pallavicino medesimo in una sua lettera lo confessa, non sono che scritture private, viene a dire vestite di nissun carattere ufficiale, e talvolta eziandio sono semplici estratti di quelle; rado o mai ci parla delle istruzioni secrete che la Curia diede ai suoi agenti, e di cui spesso è fatto memorie nelle lettere di Visconti e di altri; l’incertitudine in cui l’autore si trova parlando di altri fatti, ben mostra che non ebbe sottocchio gli atti autentici della sinodo o i processi verbali stesi dai segretari di essa, e difettò della serie compiuta delle relazioni che regolarmente i legati mandavano a Roma, e gli mancò inoltre tutto quel materiale diplomatico di cui Frà Paolo era così abbondevolmente provvisto. Ora in fatto di carte private tanto valgono quelle del Pallavicino quanto quelle di Frà Paolo; con questo di più che il secondo per vaste cognizioni, squisito lume di critica, pratica di affari pubblici, doveva esser fornito di un più giusto criterio per collazionare e scegliere. Può essere che per difetto di memoria di chi parlava o di chi scrisse, o anco per sua propria, benchè l’avesse eccellente, nello scrivere le no-