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20 capo xviii.

ne intende, che è un scismatico, lo darò all’Inquisizione, gli farò fare il processo».

L’ambasciatore cercava di acquietarlo, ma in sè rideva. Infine si appresentò al pontefice un’occasione che parve opportuna ai suoi disegni, ma che poco mancò non lo versasse in maggior precipizio.

Nel tempo che accadevano i narrati dissidi moriva Francesco Loredano abate di Santa Maria della Vagandizza, ricco beneficio di 12,000 ducati all’anno, nel contado di Rovigo a’ confini del ferrarese; Paolo V disse che era un boccone da nipote di papa, e senza neppure farne motto al Senato, lo conferì in commenda il cardinal Borghese, il quale già a quell’ora possiedeva una rendita di 140,000 scudi di camera (circa un milione di franchi, e a ragguaglio di valori, il doppio); il che indusse Frà Paolo a un curioso confronto. «Ai miei tempi, scriv’egli, Pio V in 5 anni conferì al nipote 25,000 scudi; Gregorio XIII in 13 anni conferì ad un nipote 30,000 scudi, ad un altro 20,000, Sisto V (in 5 anni e mezzo) all’unico nipote 9000; Clemente VIII in 13 anni ad un nipote 30,000, ad un altro 20,000; e Paolo V in soli 4 anni ne conferì 140,000. A quanto sommerà col tempo? Lo sa Dio». Infatti si accrebbe di assai l’immensa fortuna di casa Borghese, perocchè questo cardinal Scipione possiedette egli solo più di 200,000 scudi di rendita, investiti in più di trenta beneficii. Così a Roma si osserva il concilio di Trento. Dall’anzidetto confronto risulta un’altra verità, forse un po’ eretica, ma provata dall’evidenza delle cifre. Ed è