Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/256

248 capo xxvi.

sendo a quei tempi poco diffusa la lingua italiana, a rendere il libro di un uso generale Adamo Newton ne imprese la versione latina; ma poco fondato nell’idioma originale, e non bene intendendo quello stile serrato e laconico e a volta a volta vestito d’idiotismi veneziani, il suo lavoro riuscì difettoso e si fermò ai due primi libri; i quattro seguenti è fama che siano stati tradotti dal de Dominis, e infatti la versione è più netta e fedele, e mostra nell’autore molta pratica della lingua italiana; i due ultimi il furono da Guglielmo Bedell. Natanaele Brent che aveva conosciuto Frà Paolo a Venezia, la trasdusse in inglese; il celebre Giovanni Diodati, ministro di Ginevra, la voltò in francese; ed un anonimo in tedesco. È mirabile che tutte queste versioni fossero imprese ed eseguite contemporaneamente e tutte uscissero a stampa nel 1620.

La corte di Roma non fu certamente l’ultima a sapere chi ne fosse il vero autore, ma Paolo V non si sentiva più voglia d’impicciarsi in molestie con un frate tanto caparbio e formidabile; molto più che il nome anagrammatico e il silenzio di esso lui non lasciavano via di poterlo attaccare, e temeva ancora che ove lo obbligassero a giustificare il suo libro non fosse per rivelar cose ancora più pericolose al decoro della Curia e al credito di santità del Concilio. Quindi il Santo Padre si contentò di querelarsene indirettamente coll’ambasciatore veneto dicendo, che il Consultore teneva strette relazioni col refrattario arcivescovo; ma l’ambasciatore negò il fatto e tagliò così ogni ulteriore questione. Maggior scalpore suscitarono i gesuiti in Francia, e fe-