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capo xxvi. 245


Per converso il Grisellini ci ha conservato altra lettera di Frà Fulgenzio che reciterò fra poco, da cui si ricava tutto l’opposto; il che è conforme appieno ad altre lettere di Frà Paolo e con ciò che dice lo stesso de Dominis: ecco il vero come sta. Convien sapere che lo Spalatro ebbe alcune contese con Greci sudditi della Turchia, ma che dimoravano sul territorio veneto, i quali pretendeva di assoggettare alle pratiche disciplinari della sua diocesi. La causa portata al governo, fu rimessa per la consulta a Frà Paolo che la decise in contrario. Da qui, e dalla parte che aveva preso l’arcivescovo nell’affare dell’interdetto, appare che esso e il Consultore si conoscessero almeno per relazione epistolare. Venuto poi l’arcivescovo a Venezia nel 1615, gli si fece amico ed intrinseco al segno che il frate gli confidò la sua storia per leggerla e darne giudizio. Ma lo Spalatro, che probabilmente pensava già a disertare la comunione romana, si adoperò con diligenza a cavarne una copia che portò seco nella sua fuga. Di ciò fu affatto ignaro il Sarpi, e quando apparve il manifesto del de Dominis stampato ad Eidelberga, esso mandandolo al consigliere Gillot con una lettera in data del 24 novembre 1616 usa queste parole: «Ti mando il manifesto del prelato che io stimava dotto e pio, e se avrò ancora la medesima opinione, non lo so, finché non veggo dove sia per giungere e che contengono di buono o di male i libri che promette. Intanto a Roma hanno condannato tutte le sue opere stampate e da stamparsi colla clausola a loro solita di eretiche, erronee, scandalose, offensive alle orecchie