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capo xxvi. 243

in inglese, ed una in tedesco provano l’avidità con cui fu letta e l’entusiasmo che aveva destato. Tutti ammiravano la gravità dello stile, l’esatta economia del disegno, la pienezza e l’ordine de’ racconti, l’acutezza nello indagare i più secreti pensieri dei principi, e l’erudizione singolare nello svolgere le materie di dogma o di disciplina; indi spiaceva che un libro così eccellente fosse stato pubblicato da persona tanto esosa al partito cattolico, e deturpato da un titolo troppo indecente e da una dedicatoria satirica e spirante livore contro la Sede romana e offensiva alla comunione cattolica. Alcuni ne credettero autore lo stesso de Dominis, ma i più s’accorsero benissimo che non poteva essere suo lavoro; e che quel prelato vanaglorioso, che aveva già apposto il suo nome ad altre opere di minor conto, non avrebbe voluto osservare il pseudonimo in questa, e si voltarono verso l’Italia curiosando qual uomo potesse esserne capace, nè andò molto che la fama ne fece onore a Frà Paolo. I suoi numerosi amici oltremonte sapevano come egli già da più anni si affaticasse a raccoglier materiali sopra l’istoria del Tridentino; ed era vezzo di quei tempi di nascondere il proprio nome sfigurandolo con un anagramma, quindi i curiosi bibliofili molta pena si davano per indovinare cotesti anagrammi e cavarne il nome vero dell’autore: e o che il de Dominis l’avesse manifestato ad alcuno, cosa assai probabile; o che il Sarpi si fosse lagnato con qualche altro della imprudenza di lui e massime per rispetto al titolo ed alla dedica, il che si potrebbe sostenere per assai verosimili congetture; o infine che la fama istessa