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capo xxv. 235

considerò che bene giovava di conoscere i particolari della postura; ma che pressando il tempo era meglio spicciarsi dei capi in quel modo si sarebbe potuto, essendo regola di giustizia la necessità di Stato. Per ordine suo Giacomo Pierre e il suo compagno Langraud furono fatti ammazzare dal provveditore Barbarigo; e tre altri arrestati intanto che fuggivano, furono imprigionati, processati e poi mandati alle forche. Alcuni giorni dopo un Berard convinto d’intelligenza per dar Crema al governatore di Milano, fu pure condotto a Venezia, e il boia mise fine alla sua vita. Questi supplizi così pronti e repentini incussero il terrore in tutti i venturieri, a cui parendo ad ogni punto d’avere il carnefice alle spalle, fuggirono il più presto che poterono, quali in Napoli, quali a Milano riparando.

Divulgata la cosa, e che gli Spagnuoli vi avevano avuto mano, il popolo si sollevò, e per poco stette che non ammazzasse il Bedmar; il quale fuggendo Venezia dove più non era sicuro, e riparatosi in Milano, fu in breve rimosso da quella legazione e dal re Filippo mandato in Fiandra.

Questa è la famosa congiura di cui l’abate di San Reale e recentemente Carlo Botta hanno fatto un romanzo, narrando l’orribile carnificina di cinque a seicento vittime, con tante circostanze favolose che a’ dì nostri non era poi difficile a verificare, almeno in parte. Peggio fece Pietro Daru, il quale, invertendo l’ordine cronologico dei fatti, ha voluto supporre quella pretesa macelleria un ritrovato machiavellico dei Veneziani per occultare la loro intelligenza col duca di Ossuna quando congiurò di