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16 capo xviii.

sero la sua parola. Maneggiatore per parte di quest’ultimo era un Frà Bernardo di Perugia suo intrinseco e assai famigliare; corrispondente di Frà Bernardo era un Frà Gianfrancesco pure di Perugia ma che dimorava nel convento de’ Serviti a Padova; esecutore del misfatto doveva essere frate Antonio, barbiere, scrivano e molto domestico di Frà Paolo. Si promettevano 900 scudi alla mano e 12,000 ad opera finita. Tre erano i progetti: o che frate Antonio lo assassinasse egli stesso e ne aveva frequente l’opportunità, perchè il Sarpi per quel suo incomodo all’intestino retto si teneva assai mondo, e ogni otto giorni si faceva radere da quella parte, e in tal caso il frate non aveva che a tirargli un buon colpo di rasoio; ma non gli bastò l’animo. Perciò gli proponevano per secondo di avvelenarlo, al qual uopo gli avrebbono mandato da Roma un eccellente cordiale; ma questo neppur piacque. Frate Antonio voleva bene favorire il delitto, ma non commetterlo; e gli premeva di salvare la pelle, senza di che nulla fruttavano i 12,000 scudi. Si venne dunque all’ultimo progetto di levare le controchiavi delle camere di Frà Paolo, e il religioso Gianfrancesco avrebbe egli introdotto di notte due o tre sicari a finire la festa.

Frate Antonio era già da qualche tempo sorvegliato perchè s’intratteneva con sospette fisionomie, a colloqui misteriosi, e il Sarpi gli diede anco qualche ammonizione; pertinace nel male, continuò il suo disegno; ma gli accadde che nel consegnare i modelli in cera delle chiavi, si lasciò, senza avvedersene, cadere di tasca alcune lettere, e furono le