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capo xxv. 231


Fra quelli della seconda specie era un Giacomo Pierre di Normandia, corsaro di fama, assai pratico delle cose di mare, d’ingegno volubile, di mente fervida, e progettista fecondissimo. Aveva guerreggiato da pirata i Turchi; era stato ai soldi dell’Ossuna, poi del duca di Firenze, e dell’Ossuna ancora con cui si disgustò; era a parte di molte fantastiche cospirazioni e disegni bizzarri in danno della Porta Ottomana, o della Spagna, o di Austria, o di Venezia orditi specialmente dal famoso Padre Giuseppe, francese, di nascita nobile, cappuccino, soldato, diplomatico, imbroglione, e negli anni seguenti il confidente ed amico di Richelieu, che vuol dire un gran politico e un gran birbante. Giacomo cercò poi di passare al servizio di Venezia, ma relazioni sfavorevoli indussero da prima il governo a rifiutarlo; poi parendogli di essere meglio certificato, lo ammise ad un impiego subalterno della marina, i soli che si concedessero a’ forastieri, con provisione di 40 ducati al mese. Poco dopo, o per avidità di premio o per cattivarsi meglio la confidenza, rivelò al Consiglio dei Dieci di alcune cospirazioni dell’Ossuna per prendere Venezia a tradimento; ma in appresso, seguendo la naturale sua instabilità, cominciò a macchinare quello stesso che rivelato aveva. Menava per compagno e segretario un Langraud, altro francese, col quale osservò l’indole pacifica de’ Veneziani, il governo sostenuto dalla sola opinione, il carattere timido del popolo, le armi in mano a’ mercenari, la facilità di una sorpresa, e l’immenso bottino che avrebbono fatto col sacco e l’incendio della città. Venuti in opinione di impadronirsi di Venezia, apri-