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credito di cui godette nella sua patria e fra gli estranei. Il celebre napolitano Francesco Conforti scriveva di lui queste poche ma significantissime parole: «Fra tutti coloro che scrissero in diritto pubblico-ecclesiastico, niuno è che superi il Sarpi». Lungo sarebbe riferire gli encomi di che l’onorarono gli Oltramontani; un solo basterà per tutti e sia quello del suo amico Claudio Salmasio: «Il Sarpi, egli scriveva, vindice acerrimo, finchè visse, della patria libertà, del quale un più felice ingegno, dopo il rinascimento delle lettere, non nacque mai; e neppure per molti secoli innanzi; e pare che la natura spendesse tutti i suoi sforzi per formarlo, e tosto ne rompesse il conio acciocchè niun altro potesse esistere o pari o simile». Nè tante lodi furono l’effetto di adulazione o di fanatismo finchè e’ visse, che anco dopo la sua morte una medaglia coniata in suo onore lo intitola Doctor gentium, a piè del ritratto di lui, che credesi opera di Leandro da Ponte e che tuttora esiste nella biblioteca di San Marco a Venezia, si leggono aggiunte al suo nome i qualificativi di vir ad miraculum doctus, integer, justus; le lusinghiere epigrafi scritte sul suo sepolcro, massime quella di Giovanni Antonio Veniero che per decreto pubblico doveva essere esposta sul suo monumento, e l’avidità con cui furono ricercati, stampati, letti, tradotti i suoi scritti, e la sempre crescente sua fama malgrado le calunnie e le diffamazioni del partito curiale, e le forzate confessioni degli stessi suoi nemici, sono testimoni che il suo merito fu eminente e che l’ammirazio-