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212 capo xxiii.

brevi che furono scritte su questo argomento; non parla delle atrocità inquisitoriali; ma tutto ciò che riguarda la storia o la giurisprudenza di quel tribanale vi è trattato con ampiezza e profondità. Ed oltre che è curiosa per varii aneddoti o nuovi o poco conosciuti, è anco indispensabile a chi vuole conoscere la storia legislativa e politica della repubblica veneta.

Il cardinale Albizzi più di settant’anni dopo si assunse l’inutile fatica di confutare questa operetta; ma il suo in 4.° giace negletto nella polvere delle biblioteche, mentre il discorso del Consultore fu tradotto in varie lingue e in più luoghi e tempi ristampato.

In un altro opuscolo intitolato Discorso sulle Stampe richiama Frà Paolo i concordati con Clemente VIII del 1596, fa notare le scaltrezze dei Romani onde eluderlo, ed espone le regole onde fare che sia osservato in modo che non importi nocumento al commercio librario, nè molestie agli autori ed a’ librai. In una breve Scrittura toccante pure il Sant’Offizio, diceva: «Non vi è attenzione bastante per invigilare sopra gl’inquisitori, nè permetter loro che sotto alcun pretesto dilatino le fibre, appoggiati sopra le instruzioni della corte romana che cerca con tali modi di estender la sua autorità anco negli affari de’ principi sovrani, rilevando col mezzo di quelli i secreti di questi».

È mirabile che in un secolo superstizioso e baro; in un secolo in cui persino gli uomini illuminatissimi credevano alla magìa, alle streghe, agli