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capo xviii. 13

di delitto capitale fu mandato alle forche; un abate Cornaro, di casa patrizia, assalì una gondola, fece saltare il marito in acqua, si rapì la moglie, e dopo lo stupro fuggi nello Stato Ecclesiastico: fu condannato a morte in contumacia. I Decemviri coglievano ogni destro per provare, essere risoluti a mantenere i loro diritti. Si arrabbiavano a Roma, il nunzio non sapeva che farsi.

Non osando comparir egli in iscena, ebbe l’astuzia di far muovere il vicario patriarcale; il quale pretese per diritto di dover intervenire agli esami degli ecclesiastici processati dal Consiglio dei Dieci. Interrogato Frà Paolo rispose: Veramente esservi tale consuetudine pei processi degli Avvogadori nella Quaranzia, ma che non si poteva estendere ai Decemviri, tribunale supremo; ed era neppure da ammettersi la novità, perchè sarebbe stato il primo anello di altre pretese. Se il Vicario, diceva, sarà ammesso per grazia, col tempo pretenderà di esservi per diritto; e se prima fu per gli esami, dopo vorrà anco per la sentenza, e in ultimo finiranno i cherici con voler esser i soli giudici. Era anco pericoloso pel secreto quando si trattasse cosa che volevasi tenere occulta. Conchiudendo che la intervenzione del Vicario supponeva quella del fôro ecclesiastico, e questa quella del papa, cosicchè l’autorità del tribunale sarebbe diventata nulla, e surrogatavi quella dei preti.

Svanito un disegno ne suscitavano un altro, simili a colubri che si piegano e ripiegano per tutti i versi e si maneggiano col capo e colla coda. Un cherico condannato a morte, dicevano non può es-