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188 capo xxii.

impedimenti quelli che volevano entrare nella Compagnia, o delle prescrizioni per arrivare a tale classe o a tale grado; egli destinava alle missioni, al pergamo, al confessionario, ad insegnare le scienze o le arti. L’amministrazione dei beni era tutta in sua mano, e ciascun collegio era obbligato a spedirgli regolarmente i conti; le province gli mandavano ogni tre anni un procuratore affine d’informarlo vocalmente di tutto ciò che succedeva e del loro stato personale ed economico; le Indie per essere lontane lo mandavano ogni quattro anni. Poteva rivocare o punire i prepositi subalterni, i procuratori, rettori, ed altri ufficiali deputati agli studi ed alla amministrazione, se non facevano il loro dovere o se non obbedivano alla sua volontà. A conoscere poi gli uomini riceveva un ragguaglio esattissimo delle confessioni non solo dei suoi gesuiti, ma eziandio de’ principi, uomini di Stato e personaggi grandi: perchè ogni confessore gesuita era tenuto di scrivere ciò che udiva e mandarne la relazione al preposto di Roma, il quale per questa via era informato de’ più gravi interessi pubblici o privati, la cognizione dei quali giovava alla Compagnia. Anzi per penetrarli più finamente coltivavano assai le donne e i servitori, da cui si facevano rivelare quanto accadeva nelle pareti domestiche.

I gesuiti non riconoscevano alcuna potestà politica od ecclesiastica, toltane quella del loro generale che chiamavano luogotenente di Dio in terra, facendone per tal modo un secondo papa; anzi il papa non poteva valersi dell’opera loro se non per l’intermezzo di esso generale.