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172 capo xxii.

specie di gara fra’ pittori a chi lo fa più orrido e fra i declamatori sacri a chi lo fa più malvagio. Per colma d’ingiuria e per togliergli ogni diritto di difesa lo chiamano per antonomasia il calunniatore, eppure nissuna persona al mondo fu mai tanto calunniata quanto il povero diavolo. I gesuiti pel contrario non fanno gran stima dell’inferno; il purgatorto lo sgomberarono di fornelli e pignatte per portarle nella loro cucina, e ce lo descrivono precisamente come Omero ha descritto i campi Elisi. È un luogo, dice il Bellarmino, splendidissimo, fioritissimo e come una prigione da senatori. Così che, alla più disperata, anco nel purgatorio non si sta poi tanto male. Evvene un altro meno allegro e fatto pei pitocchi, ma ivi le anime anco più peccatrici non resteranno più oltre di dieci anni. È dunque solenne frottola quella di certi predicatori, che per ogni piccola bugiuzza si hanno sette anni di multa nel purgatorio. Se fosse vero, poveri predicatori!

Non meno felici furono i gesuiti a pingerci il paradiso, perocchè sapendo che la comune degli uomini poco si capacita di una felicità contemplativa, essi lo hanno figurato tutto sensuale, come quello de’ Maomettani; anzi il gesuita Pomey passò più oltre, e adulando i Francesi suoi compatriotti che hanno il genio festoso e convitatore, e sono amanti della galanteria, affine d’invogliargli della celeste gloria: Si, disse loro nel suo Catechismo Teologico, Sì, nel paradiso l’udito sarà allegrato dalle dolcezze della musica, l’odorato dal profumo degli odori, il gusto dalle delizie de’ sapori, finalmente niuna cosa mancherà che sia capace di solleticare il senso del