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168 capo xxii.

proposero al papa di fondare una gesuitaia in Ragusi, e di obbligare a contribuirvi tutti i vescovi della Dalmazia; anco questa essendo andata a vuoto per le opposizioni della Repubblica, riuscirono finalmente a formarne una in Gorizia sotto gli auspicii dell’arciduca d’Austria, e in vedetta della Carinzia e Carniola veneziana.

Frà Paolo diceva che prima del loro generale Aquaviva i gesuiti erano santi, rispetto a dopo, e non pensavano a governare gli Stati; che molte pratiche le facevano ad istanza del papa e del re di Spagna, ma le più inique per proprio moto; che il gesuita è ogni uomo, che sono camaleonti, che si aggirano per doppiezze ed equivocazioni: protei cui nissuno può tenere, e a cui è lecito mentir nome, professione, abito, nè solo scusare il mendacio, ma lodarlo; e stimare onesto ogni mezzo purchè conduca a quello ch’e’ chiamano buon fine. Quindi niente esservi di più contrario alla vera religione quanto le massime professate da loro. Ogni genere di vizi trova nella loro morale un patrocinio: gli avari, la ragione per cui senza rimorso possono far mercatura delle cose spirituali; i superstiziosi, le immaginuzze baciando le quali suppliscono all’esercizio difficile di tutte le virtù cristiane; gli ambiziosi, cui per ingiuria della fortuna non è dato mostrarsi se non se per opere prave, hanno il velo della religione che copre i loro misfatti; i pigri hanno donde scusare la non curanza della loro spirituale salute; i sprezzatori del Dio celeste hanno il papa Dio visibile, il culto al quale i gesuiti esaltano sopra ogni cosa; infine non vi è spergiu-