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capo xxii. 167

la corte di Spagna perchè dichiarasse guerra alla Repubblica, sovvenivano l’arciduca Ferdinando d’Austria già in guerra con lei, di 40,000 fiorini, e nelle loro chiese di Gratz e di Clagenfurt nella celebrazione della messa avevano introdotto da cantarsi un’orazione che incominciava: Dirigantur actus nostri non ad pacem, sed ad majorem Dei gloriam, et ad depressionem inimicorum nostrorum. «Le nostre azioni non abbiano per fine la pace, ma la maggior gloria di Dio e la depressione dei nostri nemici».

Un decreto del Senato del 18 agosto 1606, proibiva severamente ai sudditi veneziani di mandare i loro figliuoli ne’ collegi de’ gesuiti. Non perciò e’ si ristettero dal brigare nel 1611 col marchese di Castiglione delle Stiviere perchè permettesse loro di stabilire un collegio nel suo feudo. Trovandosi Castiglione framezzo a Brescia, Desanzano, Pozzolongo, Verona ed Asola, terre venete, speravano d’attirarvi, a dispetto delle leggi, buon numero di allievi veneziani; o per lo meno di stabilire colà un posto avanzato per tribolare il dominio veneto e insinuarvi le loro insidie. Frà Paolo non mancò di rilevare gl’inconvenienti di questa fondazione, che eccitò i richiami del governo veneto presso il marchese. L’anno apppresso, a’ 16 marzo, gli Avogadori di Comune proibirono a chichessia entro il dominio di San Marco di comunicare o per lettera od altrimenti con gesuiti, e ricevendo lettere da loro comandavano che fossero tosto consegnate al Collegio.

Queste severe precauzioni non iscoraggirono la perseveranza degli Ignaziani, che a’ principii del 1613