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166 capo xxii.

ressa in tutte le corti onde pingere i Veneziani sotto l’aspetto più odioso; a Madrid, a Varsavia, a Vienna suscitarono disturbi gravi agli ambasciatori veneti; a Napoli eccitarono la propria scolaresca a svillaneggiare per le strade i famigli del residente veneziano; in Puglia brigarono col popolo e colle autorità perchè le navi marchesche di ritorno dal Levante non fossero ricevute in quei porti; a Londra fecero ogni possa per sollevare i cattolici contro lo ambasciatore veneziano, e fino contro il re Giacomo perchè favoriva la Repubblica: ho adombrato altrove qualche cose delle loro predicazioni feroci; satire, libelli, predizioni disseminate ovunque, spiravano il più sanguinario fanatismo. Tosto dopo l’accomodamento, procurarono di ravvivare gli odii tra Roma e Venezia in proposito dell’esame del patriarca; consigliavano il papa a non concedere le solite decime sul clero, e ad esigere dalla Repubblica che ivi ancora avesse esecuzione una Bolla di Sisto V che assoggettava ogni specie di eretici al tribunale dell’Inquisizione. Nel 1609 si maneggiarono in corte di Francia producendo calunnie, falsificando atti diplomatici per inimicare alla Repubblica il re Enrico IV. Rinovarono i loro intrighi sotto la debole reggenza di Maria de’ Medici. Nel 1615 e 1616, in occasione di nuovi dissapori tra Roma e Venezia, non mancarono di battere sulla focaia della discordia, e di usare tutte le versuzie per indisporre l’animo del pontefice: l’armata veneta bisognando di afferrare nel porto di Ancona, suscitarono opposizioni e difficoltà dicendo che portava il contagio; nello stesso anno 1616 intanto che insussurravano