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capo xxii. 163

sente; ma il mondo si troverà necessitato a provvedervi se non vuol sempre essere esposto a inconvenienti. Non era il solo che si querelasse di simil disordine. In Francia durò tutto il secolo XVI e parte del seguente, e si contano dieci o più decreti del parlamento per reprimere la baldanza e lo spirito turbolento de’ predicatori: Carlo IX nel 1563 proibì la predicazione ai preti e frati che non fossero francesi e suoi sudditi; Enrico IV nel 1595 condannò i predicatori sediziosi ad avere la lingua forata e al bando del regno. I duchi di Firenze, e il duca di Ossuna vicerè di Napoli, e altri principi d’Italia, dovettero più di una volta o bandire o far carcerare simili predicatori. Scipione Ricci nel passato secolo si lagnava della «poco sana dottrina che generalmente spargevano i predicatori nella quaresima. È oramai troppo noto, diceva, che questi vaganti apostoli esercitano così vilmente il loro sacro ministero, che assomigliano a’ quei che vendono l’opera loro nelle teatrali rappresentanze, e sono per ischerno chiamati i sacri istrioni». E aggiunge che costoro avevano messo più volte a cimento la purità della religione e la tranquillità degli Stati, e cita gli esempi contemporanei della Germania e della Toscana dove il pulpito ed il confessionario ha servito a indisporre i popoli e contro il sovrano e contro i pastori legittimi. Bisogna che il male sia molto vecchio perchè Dante nel ventesimonono canto del Paradiso fa dei predicatori del suo tempo una poco vantaggiosa dipintura.

Frà Paolo consigliava e favoriva lo studio delle Sacre Scritture che giova a far conoscere la reli-