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162 capo xxii.

ratori, come nelle decretali non può, non vuole. E quel che è più strano, le dichiarazioni sono spesso contrarie tra loro; ma intanto quella congregazione è il grande arcano con cui si regge la cosa romana, e trae a sè ricchezza, potenza e il dominio universale della Chiesa e la servitù del principato. Avrebbe anco potuto aggiungere che quelle dichiarazioni sono così ridicole od assurde, che quando il benedettino Marcilla, indi Giovanni Gallemart le pubblicarono a stampa, la Curia n’ebbe vergogna, e negò che fossero sue. Quando poi il clero di Francia si adoperava per introdurre il Concilio in quel regno, diceva Frà Paolo che voleva il suo male, e che essendo stracco di libertà voleva mettersi in prigione. Ciò nondimeno confessava che da esso furono corretti varii abusi massime nella legislazione beneficiale; ma non conviene sulla instituzione dei seminari, cui molti lodano, e che egli considerava come instituti diretti al fine di conservare od accrescere la potenza degli ecclesiastici. Ai dì nostri non sono tanto seminari di ottimi preti, quanto scuole d’immoralità e di pregiudizi. In molti luoghi della Germania dove il clero studia nelle università, è più docile, più instrutto, di gran lunga più spregiudicato; e non vidi mai persone più rispettabili dei preti tedeschi.

L’abuso che facevano gli oratori sacri della loro popolare eloquenza, massime i frati, nel declamare contro i governi e suscitar sedizioni, aveva talmente disgustato Frà Paolo da desiderare che fosse levata via la predica. È cosa grande, diceva, che in ogni Stato i predicatori parlino contro il governo pre-