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capo xxii. 161

utile e di più santo hanno pensato e scritto gli uomini. Ivi giacciono fulminati di anatema il trattato dei Delitti e delle Pene, la Scienza della Legislazione, lo Spirito delle Leggi, le Lezioni di Commercio del pio Genovesi, e le opere immortali dei Grozio, dei Puffendorf, dei Bentham, dei Pagano, dei Gioja e di altri innumerevoli. Le quali cose considerando il celebre Scipione Ricci vescovo di Pistoia, diceva: «La Curia non può avere altra base di religione che l’ambizione e l’interesse; e queste sono le sole molle del fanatico suo zelo».

Del concilio di Trento era opinione di Frà Paolo che nemmanco Apollo avrebbe saputo dalle parole indovinare il senso. Tre teologi, Soto, Catarino e Vega, che disputarono di dogmi a quel concilio, scrissero l’uno contro l’altro, sostenendo ciascuno la sua opinione essere quella della sinodo, eppure sono così conformi come possono esserlo un triangolo ed un circolo. Questo fatto, aggiunge Frà Paolo, par che levi la speranza di sapere la mente del concilio, e se quelli che vi ebbero parte principale non s’intendono, che sarà degli altri? È un fatto innegabile che nella compilazione de’ canoni e decreti, essendo i Padri per lo più discordi, convenne ora togliere, ora aggiungere, e usare espressioni ambigue onde conciliare tutti i pareri; perciò Pio IV proibì a chiunque di far commenti a quel concilio; e ad interpretarne le oscurità eresse una congregazione di cardinali che lo dichiararono ad libitum. Quasi tutte quelle dichiarazioni, continua Frà Paolo, sono contrarie al testo, come la glossa al Decreto: distinse... congiunse sono le frasi usate dai dichia-


Vita di F. Paolo T. II. 11