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capo xxii. 159

perfetta prudenza gusti passaggieri. La galanteria poteva essere tuttavia di moda alla corte di Pio VI, e una principessa di Santa-Croce poteva passare lecitamente alcuni momenti in quattr’occhi con un pontefice che si vantava di essere bello, e lo era: ma nissun papa a’ dì nostri vorrebbe assistere a cinquanta meretrici che danzano ignude in una sala del suo palazzo, come faceva Alessandro VI. Chi ha figliuoli, li mantiene, ma in segreto: e i nipoti non sono più in stima dopo che ai papi mancano i modi di arricchirli. Ciò nulla ostante la corte di Roma ha niente mutato dell’essenziale suo sistema: solamente la merce è scaduta di credito.

Cito ancora Ganganelli: fu buon frate e miglior papa, ed è peccato che l’odio de’ gesuiti non gli permetta di aspirare all’onore di esser santo. «La filosofia, diceva, è la base della vera religione, essendo la fede appoggiata sulla ragione. Senza la filosofia, voglio dire senza quella scienza che combina, che analizza, che ragiona, non vi sono nè principii nè conseguenze, nè opere buone nè buona legislazione». Ma per quanti dolori e per quante miserie non dovette passare il genio umano prima che questa verità potesse palesarsi senza pericolo? e per quanti dovrà ancora passare prima che sieda invitta sul trono? Frà Paolo parlando della condizione de’ suoi tempi, diceva: Agli Italiani non manca l’ingegno, ma non possono usarlo: sentenza che per fatalità dell’Italia si applica anco all’età nostra, in cui non esiste più la inquisizione dei frati, ma ne esiste un’altra non manco vessatoria e brutale, l’inquisizione politica. Pure si pro-