Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/163


capo xxii. 155

trina cattolica, non essere lecito ad alcuno di variare la più piccola cosa. Ma molti disturbi essere avvenuti per lo abuso del secondo, perocchè la corte di Roma se n’è sempre servita alla sua grandezza temporale; e così del terzo, perocchè i principi per imbecillità se ne lasciano escludere. Il che non avverrebbe, se sapessero distinguere ciò che si appartiene alla fede, la quale è immutabile, da ciò che riguarda le cose della disciplina e l’amministrazione dei beni e negozi secolari.

Lodava la Chiesa Gallicana che possiedeva molti mezzi di resistenza contro le usurpazioni di Roma, e per conservare i diritti della nazione e del principe; aggiungeva che avrebbe dovuto chiamarsi non gallicana ma universale, e che ove fosse conosciuta l’origine delle sue instituzioni e de’ suoi privilegi sarebbe imitata da tutti. Non era, secondo lui, un sistema perfetto, ma buono almeno. Biasimava Carlo Magno che per avere troppo accresciuta la potestà dei pontefici era stato cagione a tutto l’Occidente di un gran danno. Nissuno, scriveva Frà Paolo, che abbia cognizione dell’antichità e dell’istoria ha mai negato alla sede apostolica il primato; ma quello che e’ vogliono non è il primato, sì il Totato, cioè che sovvertito ogni ordine, sia il tutto attribuito ad un solo. L’origine e la sorgiva di tutti gli abusi non è la plenitudine, ma la redundanza anzi l’esorbitanza del potere, la quale se fia tolta, tornerà la pace alla Chiesa, e le molte parti in cui ora è scissa, si riuniranno. Era una verità dura ad annunciarsi; ma pure una verità.