Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/160

152 capo xxii.

Rafaele e del Coreggio, e la patetica musa del Petrarca e la profonda di Alessandro Manzoni. Nondimeno Frà Paolo non sembra che ne fosse molto divoto: io non lo accerto, ma il lettore può vedere ciò ch’e’ ne dice nel libro secondo della sua Istoria del Tridentino dove parla della immacolata concezione: so bene che il cardinale Pallavicino ne fu terribilmente scandalizzato, e provò colle autorità di Aristotele e de’ giureconsulti che la madonna è nata senza peccato originale.

L’autore del Vangelo ristrinse in sette versi l’orazione domenicale e disse che il multiloquio è cosa da pagani; ma col tempo vi furono trovate molte cose da correggere, e fu conosciuto che quella preghiera era troppa corta e meschina; e che Dio, simile agli uomini, o tal fiata fa il sordo o non ode se non è importunato: quindi fu trovato il modo di prolungarla col ripeterla quindici volte e confezionarla di 150 ave maria. Ma il Sarpi, esclamava un buon papalista, il Sarpi era così empio che si atteneva alla dottrina di Gesù Cristo e non recitava il rosario!

«Se si dovesse prestar fede a tutte quelle reliquie che si mostrano in tutti i paesi, diceva il pio Ganganelli, bisognerebbe molte volte persuadersi che un santo avesse avuto dieci teste e dieci braccia». Anco Frà Paolo pare che pensasse egualmente: altro titolo all’eresia. Ma quello che superò ogni eccesso, e che eccitò al vivo il santo orrore de’ Curiali, si fu che il Sarpi trovandosi in punto di morte non chiese le indulgenze che il Santo Padre suole concedere ai moribondi, quasi lettere di raccomandazione per l’altro mondo.