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capo xviii. 7

chia e le dissuasioni degli amici: fu arrestato, soggettato a processo, e colle minacce pretendevano una ritrattazione, e vantarono anco di averla ottenuta. Fatto è che il Capello fu tenuto prigione per qualche tempo, ma trattato con dolcezza; chè i papali vollero far mostra di mansuetudine. Il Capello essendo vecchio e amico di riposato vivere, fece una abiura secreta, dopo la quale fu liberato, e gli fu assegnata una provvisione pe’ suoi bisogni a ricompensa di quanto perdeva in Venezia.

Ciò fu stimolo ad altri preti e frati d’imitarlo, perocchè la Curia offriva sempre agli ambiziosi speranze di avanzamenti che Venezia non dava. Ma meno incauti del Capello, e di lui più avidi, patteggiarono col nunzio i guadagni della fuga. Fra quelli di maggior fama furono Frà Fulgenzio Manfredi francescano e l’arcidiacono Ribetti.

Fulgenzio fuggì agli 8 agosto del 1608 ben provveduto di danari e salvocondotto da monsignor Gessi. In Roma fu accolto quasi in trionfo, ebbe trattamento splendido, e lunghe e famigliari udienze col pontefice. Gli fu proposta pubblica abiura, e non consentendo, si contentarono, per mostrare indulgenza, di una secreta.

L’arcidiacono già vecchio, molto riputato in patria, provvisionato dalla Repubblica, ma spaurito dalle minacce e guadagnato dalle promesse e dai modi cortesi con cui veniva trattato Fulgenzio, si lasciò anch’egli indurre alla fuga ai 3 dicembre 1608. Fu accolto in Roma con eguale, anzi maggior festa, per la qualità del grado, di Frà Fulgenzio. Ebbe impiego in Corte, provvisione di 500 ducati ed