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140 capo xxi.

scritte in latino, poi tradotte in francese, indi da qualche malpratico voltate in italiano; e si appoggia ad una «lettera latina di Frà Paolo indiritta a Francesco Ottomano abate di San Medardo, e poi consigliere del Parlamento di Parigi, la quale è la penultima fra le italiane dell’edizione fatta di Verona, ove sta non solo mutata di lingua, ma col falso indirizzo al Gillot. Abbiamo letto (continua egli) la stessa lettera in francese, e vi stava notato sopra che erasi tradotta da un testo inglese». Tutto ciò è verissimo; ma qual dotto critico avrebbe dovuto anco osservare che quella lettera tal quale giace nell’edizione ginevrina, toltine gli errori di stampa e l’indirizzo, è il vero originale di Frà Paolo, e le altre non sono che versioni. Se poi si confrontano queste ginevrine con altre italiane dello stesso autore, edite od inedite, dirette quali ad Antonio Foscarini ambasciatore in Francia, quali a Francesco Priuli ambasciatore alla corte di Cesare, e quali a Francesco Castrino, vi si riscontreranno i medesimi argomenti, le medesime frasi, gl’istessi modi di dire, lo stesso giro di periodi, la stessa forma di vestire il pensiero: e infine nelle une e nelle altre vi si trovano frizzi o maniere piccanti, brevi, epigrammatiche, spontanee, le quali è impossibile che derivino da una traduzione, e peggio ancora da una traduzione di traduzione.

Non è del pari certo se tutte siano ugualmente indiritte, come porta il titolo, al Groslot, il che poco monta; ma giova osservare che non tutte appartengono a Frà Paolo. Alcune sono evidentemente di Frà