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capo xxi. 135

avessero ordine d’invigilare sui libri che passavano per a Venezia, scriveva di rado di sua mano, quasi sempre in cifra, andava molto cauto nelle cose da scrivere, nè per lo più corrispondeva se non con persone per cui avesse commissione o licenza dal governo.

Così malgrado le usate fraudi, poche lettere ed indifferentissime pervennero in mano dell’Ubaldini, che con quelle consegnategli dal Castrino sommano a quaranta o circa, di cui si hanno copie a penna. Alcune sono dirette all’ambasciatore Antonio Foscarini, altre al Castrino medesimo; di queste ultime sole bisogna che il nunzio abbia avuto gli originali; e delle altre avrà avute le copie procurategli da esso Castrino tenuto in molta confidenza dall’ambasciatore. Ma poichè si ebbe cura grandissima di farne sparire gli autografi, molte fondate ipotesi fanno credere che i nemici del Sarpi vi abbiano fatte interpolazioni a capriccio. Ho già detto di alcuni passi che ferivano la Francia; altri ve ne sono nell’istesso senso contro al governo veneto, ma pochi o nissuno sarà per credere che simili frasi potessero cadere dalla penna del circospetto Frà Paolo; ed oltredichè era svisceratamente veneziano, questi tratti non sono punto conformi alla sua indole e maniera di scrivere. A chi esamina quanto il Sarpi fosse ammisurato e prudente, e di quali e quanti mezzi iniqui si siano fatto lecito i suoi nemici per nuocergli, non riuscirà difficile di credere che un brano di lettera risguardante il cavaliere Giustiniani non sia stato fabbricato da loro a posta fatta per irritare quell’ambasciatore, e renderlo pieghevole ai loro