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130 capo xxi.

formato il Nuovo Testamento da lui con singolare eleganza tradotto in italiano, e che pensava mandarne molti esemplari a Venezia, l’Ubaldini nel febbraio del 1608 ne scrisse a Roma, e da Roma fu avvisato il nunzio Gessi, che se capitava a Venezia il Nuovo Testamento lo facesse proscrivere, perchè è libro eretico.

Un mese dopo l’Ubaldini seppe che Gianfrancesco Biondi, segretario della legazione veneta in Francia, mandava a Venezia una raccolta pestilentissima di libri, e tutto sbigottito corse a raccomandarsi al ministro di Francia Villeroi e ne scrisse a Roma: a sentir lui pareva che un esercito di Ugonotti calasse in Italia; che Venezia fosse in procinto di apostatare; e che quei trenta o quaranta tomi, tutti in latino, dovessero pervertire le coscienze fino de’ gondolieri e degli arsenalotti. Erano libri di controversia o di politica o di curiosità letterarie fatti comperare da Frà Paolo.

Al vedere la costernazione di certi preti tosto che apparisce un libro che non si appunta con le loro opinioni, nasce il sospetto che loro medesimi non credano a quello che insegnano; perchè se fossero convinti che insegnano la verità, dovrebbero dilettarsi nel vederla discussata; perchè la verità essendo una sola, inalterabile ed eterna, i più ingegnosi sofismi posti al paragone di lei impallidiscono come la luce smorta di una lampana portata in faccia all’ardente meriggio. Ciò è quello appunto che Arnobio, uno dei Padri della Chiesa, rimproverava ai preti pagani quando volevano condannare alle fiamme le opere di Cicerone perchè i cristiani se ne