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capo xxi. 129


Ho ricordato in più luoghi che il Consultore carteggiava con varii sapienti di Francia. Era fra questi un Francesco Castrino, calvinista, in favore della corte, dotto, ameno, ufficioso. Tutti gli autori lo fanno francese, ma era italiano, e probabilmente di Ferrara dove aveva un fratello e alcuni beni, e rifuggito in Francia per mutata religione. Era stato raccomandato al Servita dal Signore de Ilsle, altro suo amico; ed entrato in relazione con lui e trovatolo onesto e prudente e pronto a’ servigi, se ne giovava d’intermezzo a corrispondere con altri amici e a procacciarsi libri o notizie che alla qualità delle sue occupazioni potevano occorrere. Ma nel 1610 cominciò a diventare personaggio equivoco, e Frà Paolo fu avvertito di non scrivergli. Per vero alla metà circa di quell’anno, trovandosi presso a cadere in disgrazia, e forse anco incalzato dal bisogno, il Castrino credette di beneficarsi il nunzio Roberto Ubaldini portandogli alcune lettere di Frà Paolo; ma nissuno giovamento n’ebbe, perchè pochi mesi dopo, perduto l’impiego, caduto in povero stato, dopo vicende e sfortuni varii e tornato in Italia e catturato dall’Inquisizione, finì miseramente sul patibolo.

Fin da quando l’Ubaldini fu mandato in Francia a vece del cardinale Maffeo Barberini, sul finire del 1607, ebbe commissione di spioneggiare le corrispondenze del Consultore, scoprire quali fossero i suoi amici colà, ed indagare attentamente le intelligenze e i disegni ch’e’ manteneva cogli eretici di oltremonti. Ed avendo saputo che Giovanni Diodati, ministro di Ginevra, faceva ristampare in piccolo


Vita di F. Paolo T. II. 9