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120 capo xx.

Marco Foscarini (e colla sua autorità anco il Grisellini) il quale non avendo veduta se non la versione latina, da alcuni luoghi che ivi si trovano dice che l’autore, quantunque veneziano, si è voluto fingere milanese; i quai luoghi non sono nel testo di Frà Paolo che non solo si dichiara veneziano, ma dirige il suo discorso al principe veneto. Ed a ragione osserva Frà Fulgenzio che il trattato De jure asylorum è più breve di quello che il Consultore diresse al Senato.

Questa opposizione continua di Frà Paolo alle mire della Curia ridestò il mal sopito livore de’ suoi nemici, e pochi mesi dopo la congiura de’ frati accaddero due o tre tentativi contra la sua vita, dei quali non abbiamo che un oscuro cenno nelle sue lettere, seguendo sempre l’ordinaria sua prudenza di non rivelar mai cosa alcuna che potesse nuocere altrui. «Quanto alle cospirazioni contro di me, scriveva agli 8 giugno 1609 ad un amico che gliene faceva richiesta, non ne mancano; ma io faccio ogni cosa acciò vadano in silenzio, con questa opinione che il così fare non solo sii il mio debito particolare, ma ancora serve a molti buoni fini». Una uguale sopportazione non avevano coloro che per altri buoni fini il volevano morto, i quali sul finire del 1609 fecero un nuovo tentativo, e nell’aprile del 1610 fu avvisato che li abbisognava guardarsi da Roma. Nè il lasciarono molto tempo in pace: a’ primi di settembre del 1612 giunsero lettere dell’ambasciatore veneto da Roma, avvisando che aveva scoperto una stretta trattazione per ammazzare Frà Paolo. Il quale fu tosto chiamato in Collegio, lettagli la