Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/124

116 capo xx.

tempi di aurea felicità pel clero, assassinare un uomo era delitto che si espiava con un abbrancata di soldi d’oro pagati alla Chiesa; ma trarre l’assassino dal sacrato per darlo al boia, era peccato di dannazione eterna. A’ tempi del Sarpi gli asili cominciavano a pesare a’ governi, e nascevano frequenti contese tra le potestà civili ed ecclesiastiche. La repubblica veneta in ispecie non li amava, e non ometteva occasione per moderarli. Ma si avevano così oscure nozioni sull’origine e l’uso di questo diritto, e i canonisti lo avevano di tal forma imbrogliato con falsità istoriche e prevenzioni religiose, e le pratiche di un popolo erano così diverse da quelle di un altro, che spesso accadeva che ciò che dagli uni era tenuto buono, dagli altri fosse giudicato malo; e scorta al procedere erano piuttosto le circostanze e l’indignazione pubblica, che fondate norme di giurisprudenza.

Un piccolo avvenimento porse occasione al Consultore di trattare colla assueta sua perspicuità e lucidezza questa materia pressochè intatta. Nel novembre del 1609 uno di Orcinuovi fece una satira contro ai magistrati della provincia. La birraria essendo ita per prenderlo, egli si salvò nel convento de’ francescani, e il guardiano, a miglior tutela, lo menò in chiesa, presso al tabernacolo, e gli pose in mano l’ostia consecrata. Il bargello non sapendo che farsi, ricorse al Provveditore; il quale andato in persona sul luogo, nè potendo colle buone convincere l’ostinato guardiano de’ frati a cacciare dalla chiesa l’uomo, si fece egli innanzi, gli tolse il sacramento di mano e consegnò il reo agli sbirri. Ma il frate