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CAPO V. | 78 |
Quando leggeva, s’immergeva talmente che pareva insensibile agli oggetti esterni. La sua memoria gli era così fedele che anco lungo tempo si ricordava non pure di ciò che letto aveva; ma del libro, dell’edizione e fin anco della pagina. Non recitava a mente dieci mila volumi come si narra di Magliabecchi; ma quella facoltà era in lui più preziosa perchè più distinta, e scompagnata da quella confusione di idee e scarsezza di genio inventivo che troppo spesso si associa a cotai mostri di memoria. Insomma non ella dominava lui, ma egli la dominava e facevala servire al suo vantaggio.
A ricreare lo spirito frequentava alcuni dotti convegni, in casa dello storico Andrea Morosini dove correvano i più begli ingegni di Venezia, fra’ quali Lionardo Donato e Nicolò Contarini che furono dogi; il celebre Domenico Molino, senatore autorevolissimo per disinteresse e patriotismo, e di svariata letteratura; Antonio Querini che anni dopo difese la Repubblica dall’interdetto; Giovanantonio Veniero che sopravvissuto al Sarpi gli fece un assai bello epitaffio latino; Ottaviano Bono e Marco Trevisano, amicissimi a Frà Paolo, e più altri fra i primi dell’ordine patrizio e cittadinesco. O in casa di Bernardo Secchini mercatante all’insegna della Nave d’oro in Merceria, dove si accoglievano assai forestieri che per commerci avevano navigato a paesi lontani, e persino l’India o l’America. E fu ivi che si amicò Pietro Asselineau d’Orleans, uomo erudito e medico non volgare; nè facevano ostacolo le diverse credenze essendo Pietro calvinista: chè i saggi non si misurano coi pregiudizi del volgo e sanno