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72 capo iv.

l’istesso Frà Fulgenzio che il Gilberto passando per Venezia ed essendosi intrattenuto col Sarpi sui fenomeni magnetici, egli che si stimava sapere gran cose, fu sbalordito vedendo che in ogni sua scoverta era già stato preceduto dal frate italiano.

L’algebra, scienza nota imperfettamente agli antichi, ristaurata dagli Italiani, fra’ quali sono primi da annoverarsi Nicolò Tartaglia che trovò la soluzione delle equazioni del terzo grado, Girolamo Cardano che le perfezionò, e Lodovico Ferrari allievo di quest’ultimo che trovò la soluzione di quelle del quarto grado: questa scienza ebbe, dico, da Francesco Viète matematico francese un nuovo aumento e quella forma di linguaggio convenzionale rappresentato dalle lettere dell’alfabeto, le quali non avendo alcuna significazione per sè, si usano ad esprimere tutte quelle quantità astratte che si vogliano. E per questa semplificazione la scienza aprì un volo immenso, e dove per lo innanzi era limitata a problemi numerici, potè in seguito estendersi universalmente alla ricerca de’ teoremi e alla dimostrazione di ogni sorte problemi sì di aritmetica e sì di geometria. Ma il Viète, cosa non insolita ai nuovi inventori che procedono con passi dubbi e vacillanti, ebbe la disgrazia di esprimersi con termini oscuri e di cadere eziandio in non pochi errori. Frà Paolo essendosi procacciato varii trattati del Viète, a stampa e a penna, gli commentò dottamente siccome fu veduto dal Foscarini, ma meglio ancora dal Grisellini; il quale aggiunge che supplì a quanto mancava in essi, ponendo in più chiaro lume le cose che vi si annunciano, la-