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CAPO DECIMOQUINTO.


(1607). I gusti di un popolo sono una conseguenza immediata del clima e delle sensazioni continue prodotte in lui dagli oggetti che abitualmente lo circondano, e la educazione civile o la barbarie li modificano in meglio o in peggio, ma non distruggono il tipo originale stabilito dalle leggi istesse della natura che sono immutabili: quindi come tutte le instituzioni così anco la religione deve piegare le sue forme esterne a seconda de’ varii gusti nazionali.

La natura in Italia è ricchissima, ma non così generosa che non convenga forzarla a dare le sue ricchezze; è splendida, ma non tanto romanzesca che solletichi la fantasia ad animarla colle sue creazioni. Perciò l’Italiano avendo contratta l’abitudine di tutto assoggettare a calcolo materiale, non vorrebbe patire il tedio di cercare fuori del mondo una divinità misteriosa quando può agevolmente procacciarsene una palpabile e più domestica, alla quale attribuendo una parte delle sue passioni, gli pare che possa meglio indurla ne’ suoi desiderii usando i mezzi che più commovono i potenti, preghiere e doni.

Il cristianesimo propriamente parlando non è che il deismo dichiarato dalla rivelazione; tra l’Ente Supremo, unico oggetto di adorazione, e l’uomo,