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capo xiii. 271

terdetto durasse ancora quattro o sei giorni; 2.° i prigioni fossero dati al papa in gratificazione del re; 3.° fosse rivocato il protesto; 4.° si annullassero le scritture a favore della Repubblica, 5.° i frati partiti per cagione dell’interdetto, ritornassero; 6.° infine fosse mandato un ambasciatore a ringraziare il papa, e pregarlo che levasse le censure, per il che si sarebbe stabilito il giorno; intanto le leggi in controversia fossero sospese, finchè le differenze si aggiustassero all’amichevole, come tra principe e principe.

Il progetto era bello ma non piacque. Il Collegio, udito come al solito il consultore teologo, discusse le proposte dell’ambasciatore, e le riferì al Senato, il quale accettò metà della prima domanda, ricusò l’altra metà; vien a dire: consentì che fosse pregato il papa a levar le censure, ma non a nome della repubblica la quale le aveva sempre giudicate nulle, e che non che riconoscerle per una settimana, non le avrebbe tollerate neppure per un’ora. Modificò la seconda domanda, dicendo che i prigioni gli avrebbe dati non al papa ma al re, in semplice dono e gratificazione dei disturbi che si prendeva a favore della Repubblica, e senza pregiudizio del diritto che ha il principe di giudicare anco gli ecclesiastici. La terza domanda la trovò inutile, dicendo che levate le censure restava nullo per conseguenza il protesto, e quindi superfluo era il parlarne. Delle scritture rispose che avrebbe fatto ciò che il papa faceva delle sue. Quanto ai frati, essere un negozio da trattarsi a parte. E in ultimo, che manderebbe, a controversia finita, ambasciatore ordinario, come era