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222 capo xi.

ragionamenti col Collegio e accadendo di nominare Dio o il papa, usava la medesima espressione nostro Signore; il che rendeva il suo ragionamento ambiguo: se non che quando per nostro Signore intendeva il papa si cavava la berretta; e quando Iddio, teneva coperta la testa.

(1606 marzo). La indiscreta foga e volubilità del pontefice recò non lieve sorpresa al Senato; pure non disperando di ridurlo a qualche ragionevole partito, agli 11 marzo rispose descrivendo i disordini che della impunità dei delitti negli ecclesiastici ne sarebbero derivati; e ragionando i suoi diritti, si rammaricava che il pontefice non avesse voluto aspettare ciò che era per portargli il nuovo ambasciatore, e che rimettesse sul tappeto proposte alle quali in parte aveva già rinunciato, e che quando e’ si credeva prossimo l’accordo, improvvisamente se ne trovasse assai più lontano di prima.

(1606 aprile). Andava intanto a Roma il senatore Pietro Duodo; ma il papa era talmente scaldato che non volle udir ragioni, e ai cardinali Delfino e Valiero, veneziani, che consigliavano moderazione e gli pingevano i pericoli a cui si metteva incontro, rispose adirato: Questi vostri discorsi puzzano di eresia. Lettere di Venezia lo avvertivano a non cimentarsi a vedere disprezzata la sua autorità; restasse certo, che niente di più otterrebbe di quanto gli veniva ora proferto; essere meglio un magro accomodamento fatto di buona voglia e senza scandalo, che non forse uno più magro ancora, fatto con pubblicità e per forza. Parimente lo teneva perplesso la fermezza del Senato che con rara e me-