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capo ix. 143

guente ad un concilio di vescovi radunato da esso lui in Arli. Ma i Donatisti appellarono dalla sentenza del concilio al tribunale dell’imperatore, che pronunciò definitivamente in Milano nel 316.

Questi esempi bastano a mostrare che il vescovo di Roma non aveva potestà al disopra degli altri: anzi il primato gerarchico fu per bene due secoli attribuito alla sede di Alessandria, ed Eraclas vescovo di quella città, morto nel 231, fu il primo che si meritò il titolo di beatissimo papa; il quale poscia fu dato anco a San Cipriano, che, come dice San Gregorio di Nazianzo, tenne finchè visse il grado di primo vescovo e di presidente della Chiesa. Giovi avvertire che quel titolo non si dava che ai morti, seguendo l’uso de’ Romani che chiamavano divi o santi gl’imperatori defunti. San Girolamo fu il primo che per adulazione o per lusso lo profuse anco ai vivi, come a Sant’Ambrogio vescovo di Milano, a Cromazio di Aquilea, ad Agostino d’Ippona, a Dàmaso di Roma e in generale a tutti i suoi amici o protettori. Siricio, successore di Dàmaso nel 384, fu il primo che se lo attribuì da sè nella decretale ad Imerio vescovo di Tarragona.

È noto che il Pontefice Massimo era il capo del culto nazionale de’ Romani: dignità illustre, e premio a quelli che avevano percorso gli uffici più insigni della Repubblica; e fatta ancora più illustre dopo Augusto quando diventò inseparabile dalla dignità di principe e d’imperatore. Costantino che si diceva vescovo de’ cristiani era in pari tempo sommo pontefice de’ gentili; e il ponteficato continuò nei suoi successori fino a Graziano, che lo rifiutò giu-