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capo viii. 135


Papa Clemente non ebbe vita per conoscere l’enorme suo sbaglio, e forse durando egli, od altro pontefice a lui simile, nulla sarebbe avvenuto di quanto accadde pochi anni dopo. Ma bene lo confessò il cardinale Bellarmino dopo i casi dell’Interdetto, querelandosi che non si fosse pensato a tempo dalla Corte a guadagnarsi un uomo da cui poteva aspettarsi eminenti servigi. Intorno a che non so se il cardinale avesse torto o ragione; imperocchè se Frà Paolo in quello che è sostanzialmente religione si conservò sempre purissimo, non ne consegue che dovesse essere ancora curialista; e penso invece che vescovo o cardinale sarebbe sempre stato quel medesimo che fu frate: essendo troppo difficil cosa che un uomo educato tanto liberalmente, e fornito di tanti lumi e di un criterio così geometrico, potesse farsi complice delle prevenzioni e dottrine della Curia romana. Tutto al più avrebbe mutato se lo facevano papa, perchè di tutte le condizioni è questa la sola che ha la specialità d’innovare il vecchio uomo. Qualunque siano stati i concetti di un individuo, se gli mettete una tiara in sul capo, si trasforma in un essere affatto nuovo: rinuncia le opinioni dell’uomo e prende opinioni da papa. Nè sarebbe stato un miracolo se Frà Paolo dopo tutto ciò che scrisse contro l’Interdetto, asceso sulla cattedra di San Pietro avesse fatto una solenne e spontanea palinodìa, come già fece Pio II. Prospero Lambertini cardinale, si rideva di molte superstizioni; Prospero Lambertini papa, le sostentava. Quand’era Lambertini, aveva in discredito l’inquisizione; diventato Benedetto XIV, la persuadeva. Col mutare del nome, mutano na-