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110 capo vi.

onore proprio come per ragione si schierò dal lato del generale. Ciò nondimeno proponeva termini alla lite, e desiderava che i potenti non più se ne mischiassero, e fosse lasciata la decisione ai liberi suffragi di un Capitolo. Ma Frà Sante, nipote di Gabriele, disse, doversi aspettare la inspirazione dello Spirito Santo. E Sarpi: Lasciamo da parte lo Spirito Santo e operiamo coi mezzi umani. Non avesse mai detto sì terribile eresia! Sante, o sciocco o maligno, lo denunciò siccome uno che negava gli aiuti dello Spirito Santo. Ma intanto che l’Inquisitore di Venezia aveva il buon senso di rigettare l’accusa, un’altra ne insinuava alla Inquisizione di Roma, di cui faceva parte il Santa Severina, Frà Gabriele incriminandolo nuovamente che conversasse con eretici ed Ebrei; e per far più colpo ricordò quella fatal lettera in cifra che ho detto di sopra, e la sfoderò agli occhi degli Inquisitori. Ma nè il Sant’Offizio trovò materia di eresia, nè il cardinale motivo di personale offesa; sì solamente gli doleva che Frà Paolo, da lui amato e stimato, nol volesse compiacere ne’ suoi desiderii: e più per questo che per altro gli portava un po’ di mal animo. Bene fu per fare un cattivo incontro Frà Gabriele, se per avventura la colpa di cui lo incusarono non fosse stato un arcano sacro. Era capitato a Venezia un Servita cui, per saper piangere a sua voglia, chiamavano Frà Lagrimino; il quale ribaldo ed ipocrita, fuggendo l’ira del generale si era acquistata la protezione del provinciale. Lagrimino, bravo esorcista, si era dato ai lucri del suo mestiere, e fra i clienti si ebbe la moglie di un mercatante; la quale in ricompensa che