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za! ma insieme che maestria, che fondo, qual possesso di lingua! Io, che mi pregio d’intendere cosa sia delicatezza, francamente decido che delicati sono i vostri versi, delicatissime le vostre prose: e qual pregio poria bramarsi maggiore in sì fatti gentili componimenti? Vi deggio asserire, che tratto tratto soffermavasi il leggitore, uomo erudito, e colto, per esclamare: Oh scrive pur bene questa Dama! Ma io non voglio che ammirare confusamente le vostre doti; altrimenti se mi v’interno, il timore o l’affettazione mi rendono più languida e scipita che mai. Già sono in possesso di esser quasi insoffribile agli amici: volete udire il complimento del Bettinelli? Bramo vedere i frutti del suo studio, giacchè quei dell’ozio son chiari abbastanza nel suo lungo silenzio, e nella sua lettera dormigliosa. Vedete dunque se sono oggimai desiderabili i fogli miei, specialmente se mi si mette attorno la soggezione! Presto pria ch’essa mi colga. Io già non farò che scorrere lievemente alcuni punti de’ vostri scritti per darvi a divedere ch’io seppi meditarli, che li pregio, che mi rimasero impressi: e non farò già l’analisi d’essi, come suole il vostro Signorino, che tratta tutto dì maestrevolmente la penna, ma a guisa di Donna, ch’or si pose a maneggiare conocchia e fuso. Entriam nell’arringo di botto.

Molto sensate io trovo le vostre distinzioni sulla donnesca curiosità. Noi in vero rinserrate tra ferri nell’aurora felice de’ nostri giorni, lasciate digiune affatto di lumi, di cognizioni, necessariamente al primo a-


pri-