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catanti! Eglino non ispaccerebbero sì tosto cotanti drappi, e smancerie, e converrebbe loro morir di fame. Ma ritorniamcene pure donde ci siam dipartiti. Teocrito un’altra volta al suo caprajo facitore di serenate così fa cantare, essendo sdegnato con Amarillide sua innamorata:

Or or tu mi farai mandare in pezzi
La grillanda, ch’a te, cara Amarilli,
D’edera io serbo colle belle bocce,
E con apio odoroso intesta, e mista.1

Ma di grazia, voi mi potreste dire, che occorre di altre ciance, s’io son Poeta, e posso a te narrarle tutte, non che tu le stia qui a me raccontando? Io lo so, che pur siete Poeta, e bravo Poeta, anzi per tal ragione appunto non voglio davvantaggio seccarvi, e passo dalle Donne villerecce alle cittadine, le quali forse più vi vanno a grado di quello altri pensano. Ora qui ci sarà che dire: imperciocchè a voi non piacerà, siccome fate conto, che a me pur non troppo piaccia, il voler, che le colte cittadine abbiano dalle rozze Donne del contado appreso a ornarsi il capo co’ fiorellini. Nulla di certo potrei su questo fatto asserirvi; poichè appresso le antiche Romane io non trassi da’ buoni Scrittori se non che l’uso di portar bende a’ capelli, le quali come vuole spezialmente il P. Stanislao Santinelli, erano secondo lo stato delle persone in varie foggie adoperate. E sentite di grazia le sue medesime parole: Le ver-


gini,

  1. Trad. del Salvini, Idillio 3.