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al costume, che hanno le Donne, di ornarsi il viso co’ fiorellini, altrettanto mi muojo di voglia di compiacervi nelle vostre ricerche. Valoroso Messere, o per meglio dire, Dottissimo Amico, il chiedere perchè in mezzo della fronte, o sur una tempia piuttosto si ponga quel vago ornamento, non è cosa a mio parere da filosofo, il quale non dee di siffatte cosucce di femmine andare in traccia, come cosucce appunto, che prodotte non sono dalla natura cotanto provida madre, ma furono da vane donnicciuole per maggiormente la vanità loro pascere soltanto inventate. Comunque però la faccenda vada, io voglio appagarvi, se avrete flemma d’ascoltar le mie ciance. Dissivi adunque, la vostra ricerca non essere da filosofo, e pure ella è filosofica quant’altra mai. Voi domandaste a me ragione, perchè quel fiorellino posato io m’avea sulla destra tempia, e non in mezzo della fronte, siccome la maggior parte delle Donne lo accostumano portare; e ciò faceste con avvedutezza veramente da filosofo, come vi siete, non è egli vero? A voi piaceva di scoprire terreno, e sia detto con buona pace vostra, volevate udire dalla mia bocca quella confessione, che a male in corpo, e di rado i galantuomini si sentono di fare, cioè: Perchè hollo posto così, nollo so nè pur io medesima; so ben moltissime averne vedute ornate nella stessa foggia, ed il simile anch’io feci, a guisa delle pecore: E ciò che fa la prima, e l’altre fanno. Tolga il Cielo, Amico gentile, ch’io voglia senza fune confessarvi l’ignoranza, che mi circonda.


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