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ciò si veniva a inferire, che la Donna, quanto è propensa al male, altrettanto è nemica di custode, o esploratore. Si caricava la Dea Buona di maledizioni, e ciò serviva a palesare, che la Donna abborre sempre il proprio bene, secondo il detto: E come tale al suo peggior s’appiglia. Finalmente si bramava, che non nascesse in casa uomo dabbene, perchè mai non ci fosse, chi riprendesse il mal costume di lei. A questa mia spiegazione io veggo troppo bene fiorire il riso sulle labbra vostre, Eruditi Accademici, e altresì dal canto di voi, sagge Donne, mi sembra alcun pocolino vedervi salita la senapa al naso. Ma adagio, ch’io voglio metterci il compenso. Ponghiamo il caso, che una qualche valorosa antica Donna strano rito ordinato avesse, le cirimonie del quale simboleggiassero egualmente la bontà degli uomini, ma per modo del tutto opposto al suaccennato. Verbi grazia sia il loro Nume chiamato il Dio Malo, a cui offransi vittime, ed incensi, non in luogo segreto, ma sulle piazze a vista di tutto il popolo, non di fitta notte, ma a’ raggi dell’altissimo sole; e ciò dimostri, che l’uomo non è privo di coraggio ad adoperare il male in palese. Facciasi la libazione veramente di latte, ma quello appellisi vino; allora capirà l’uomo, che dee rimover da se le fanciullaggini, disconvenir a lui le mollezze, non che l’effemminatezza, e che non solo coll’opera, ma col favellare tuttavia dee dimostrar il valore, e il decoro virile. Al Nume Malo si cantino lodi, e benedizioni; giacchè l’uomo


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