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certi termini appunto, ma non passarli. Quanto è alla Saviezza adunque bastivi il fin qui detto, perciocchè il nostro Castiglione tanto maestrevolmente ci dipinge il regolamento d’una Donna saggia, che più là non ci rimane a disiderare, e venghiamo alla terza prerogativa, della quale intendo voler la mia spiritosa Donna ornata, ch’è la dottrina.

Per questa dottrina primieramente intenderemo noi l’erudizione, e simili. Erudito sarà per tanto colui, ch’è intendente di belle lettere: e tale appunto alla mia Donna aspetta essere, non mica perchè ella debba montare in bigoncia a perorare, come le Donne Romane, e le Ateniesi anticamente usavano, secondo che la Storia ne riferisce, e come da Cicerone si ricava, il quale spesse fiate da non poca meraviglia fu preso udendo quanto elegantemente, e con quale forza le medesime favellavano; ma acciocchè per via delle suddette lettere giunga la mia spiritosa Donna a conoscere se medesima, moderando le proprie passioni, che a guisa dell’infruttuosa edera di soverchio intorno al misero animo abbarbicandosi fanno alla nascente virtù aspra guerra mortale, di modo che le più volte sotto le ruine di queste oppressa, e quasi morta del tutto, di giacere è costretta. Altro vantaggio non inferiore al primo la mia Donna saprà ritrarre dalla tintura delle umane lettere, e sarà quello dell’abbellire l’animo suo, intorno cui ogni studio si dovrebbe porre a fine di comparire innanzi a’ dotti, se non dotta, almeno non del tutto ignorante, che è quanto a dire sapersi il fatto suo,


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