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così anche quella di Montepiano, fu sotto il regime dei Conti Alberti, un centro di studi.

La scienza che aveva abbandonato le corti, i tribunali, le cattedre, si era rifugiata nei monasteri. Ivi, come api industriose, quei buoni monaci, salvaron le reliquie dell’antico sapere, inghiottito dall’inondazione dei barbari, serbaron codici letterari, filosofici, artistici. Insegnavano l’agricoltura e l’esercitavano: molte città debbono la loro origine alle Abbazie. I monaci Benedettini furon benemeriti non solo della religione, ma eziandio della Civiltà e della Patria. Fu una sventura per Vernio che l’ira del Conte Piero de’ Bardi, assuefatto a prepotere, costringesse i monaci di Montepiano ad abbandonare le loro pacifiche sedi e gli studi operosi. Si vuole fosse di Vernio ed educato nei Chiostri della Badia, Lorenzo Verniense (Laurentius Verniensis) cantore satirico dell’impresa delle Baleari, fatta dai Pisani nel secolo XII.

Egli fu decano dell’Arcivescovo di Pisa ed uno dei migliori poeti di quell’età. La denominazione di Verniensis mi sembrerebbe lo facesse di Vernio. Se fosse così sarebbe una gloria di più per val di Bisenzio1.

Il governo Lorenese, mancipio dell’Austria:

«In tutt’altri pensieri affaccendato
A queste cose morto e sotterrato».
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non curando la conservazione e la restaurazione di questo pregevole monumento dell’arte cristiana, abbellito e ornato di pitture dai celeberrimi Giotto e Cimabue ne demolì una parte nel 1833.


  1. Bertini. Guida di Val di Bisenzio.
  2. Giusti. S. Ambrogio.