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glia caramente diletta, per recarsi nella maremma toscana, o in quella romana, o in Sardegna e vi si trattiene sei, sette, fino alcuni, otto mesi e più.

Poveretti! Abbandonano l’alpestre casupola, onde guadagnare un tozzo di pane per i genitori, per la moglie, pei teneri figli! talora, anzi spesso, non ritornano ai monti nativi, o se vi ritornano, vi rimangono, molte volte per poco, a respirarne le aure vitali, emaciati, terrei, cachettici, come dicono i medici; gli occhi febbricitanti. L’infezione malarica apre loro, non equa, anticipata sepoltura, su cui debbon piangere, vittime anch’essi i superstiti1.

Non possono, a questo proposito, non ricordarsi i bei versi di Bartolomeo Sestini, l’improvvisatore pistoiese, nella Pia dei Tolomei: fanno piangere!2.

Il maremmano — così chiamasi comunemente co-


  1. Nec pietas moram — Rugis et instanti senectae Afferet, indomitaeque morti. — Orazio, Libro II. Ode 14.
  2. Bartolomeo Sestini nacque a S. Mato presso Pistoia, il dì 14 Ottobre del 1792; morì a Parigi l’11 Novembre del 1825. Ingegno prontissimo e fecondo, attinse dal cuore le sue migliori armonie. Si può dire di lui quello che la celebre Giannina Milli, da Teramo, cantava di se stessa.

    Non vo’ che il poco giovanile ingegno
    Di studiate bellezze i carmi vesta;
    Il cuor favella, la mia musa è questa.

    Troppo presto il Sestini fu rapito alle lettere ed alla patria! Avea studiato nel Seminario di Pistoia, che godea già bella fama e che, non molto appresso, dovea essere illustrato da Giuseppe Silvestri, — l’Amico della studiosa gioventù — e dalla sua scuola gloriosa.