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archibugio a retrocarica di fattura italiana e che porta la data del 1694.

Il catalogo del Museo lo segna col N. 414’85, e colla seguente indicazione: «Hint-lock, quu Breechloudor bi the celebrated Aqua Fresca’ of Bargio». (Fucile a pietra focaia del celebre Acquafresca di Bargi).

Quest’arma di maravigliosa struttura, artisticamente lavorata e caricantesi dalla culatta, mostra non solo la grande abilità dell’artefice, ma ancora che (al contrario di quanto volgarmente si crede) la retrocarica non è un perfezionamento moderno.

Gli Acquafresca erano rinomati maestri nell’arte di cesellare ed intarsiare finamente gli accessori delle loro armi.

Un magnifico archibugio di Matteo dalla canna elegantissimamente fregiata ad ornamenti, e disegni dorati, con damasca tura ammirabile e brunitura perfetta adorna la celebre Armerìa di Torino. Vi è la scritta — Mattias de Barze.

Come il Cellini, come il Duprè, come tanti altri dei nostri artisti, anche l’armaiolo de’ Bargi scrisse una specie di autobiografia in forma di cronaca. In questa narra che nel 1699, l’E.mo Arcivescovo di Bologna, Buoncompagni, facendo la visita pastorale a Bargi si recò un’officina dell’armaiolo e la benedisse. Io credo che questo fatto onorasse molto più il presule bolognese, che il valoroso armaiuolo!