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meo si vide cacciato, costretto a prendere l’amara via dell7 esilio il 17 Luglio del 1321.

Raccontasi che il Pepoli per poter trarsi a salvamento, gettasse, a pugni, monete alla plebaglia inferocita.

Segue un periodo torbido: hanno il sopravvento i nobili, non il ghibellinismo schietto: è gonfaloniere di giustizia un Pecciolo Rodoaldi (1323); ma impauriti i Bolognesi dall’ingrandirsi dei Ghibellini, per la minacciata discesa di Lodovico il Bavaro, si danno in balia di Bertrando du Poïet (Del Poggetto) Legato Pontificio.

Questi, in prima, parve ispirato a miti sensi di conciliazione rispondendo degnamente così al fine per cui era stato chiamato al potere, ma poi apparve quello che veramente era, prepotente e crudele: tiranneggiò la città; violò leggi e costumanze, volle, per togliersi qualunque ostacolo, annientare le fazioni dei Maltraversi (Gozzadini e soci) e degli Scacchesi, (cosi chiamavansi i partigiani dei Pepoli, dallo stemma di costoro, uno scacchiere a dadi bianchi e neri) disaccordi tra loro, ma pieni d’affetto per la città; finchè il popolo indignato, dopo lungo sopportare, lo cacciò via, ai 17 Marzo 1334.

Il popolo era assetato di pace, ma essa non fiorì durevolmente neppure dopo la cacciata del Legato.

Prevalevano nel Comune gli Scacchesi, e i loro anziani emanavano bandi d’esilio contro i rivali Maltraversi, non credendosi poter vivere in pace con siffatti nemici in casa.

I Gozzadini, capi dei Maltraversi, contendevano