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Curii, né ì Fabrizj, i Cesari, e i Ciceroni, ma nemmeno i Messenzj, gli Attila, gli Ezelini ? Tornerem noi alle barbe, alle toghe, e si rivedranno gli astrologi, i buffoni ài corte, gli Aretini? Si giugnerà di nuovo a non sapere né leggere, né scrivere ? Ma se ciò sembra impossibile, ben sembravalo piìt il passare dalla nudità, e salyatichezza gallica alla sapienza, e dignità romana, e da questa il precipitare nella barbarie, ed ignoranza longobardica; quindi il risorgere nuovamente sino alla luce, e alla gloria del secolo decimosesto. Da tutto ciò ben chiara apparisce la nostra miseria, incostanza, e contraddizione perpetua. Imperciocché nel mezzo agli avanzamenti, che noi ammiriamo, da ammirare ci restano tuttavia molti vestigi di barbarie ancor tra noi, e tra tanta coltura.

L’Italia prima inventrice di quasi tutte l’ arti ornai non ne vede fiorire alcuna eoa gloria: ella maestra, e signora un tempo di tutti i popoli, ora seguace adulatrice, e tributaria di tutti: con vario commercio, ma esangue, e ristretto, con moltj governi,